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La lingua dello spogliatoio

 

Il presidente del FC Bayern Monaco Uli Hoeness lo ha richiesto a chiare parole: «Negli spogliatoi bisogna tornare a parlare il tedesco!» Pare che l’allenatore Carlo Ancelotti si sia subito rivolto a Giovanni Trapattoni che in un paio di lezioni gli ha trasmesso tutto il suo colorito bagaglio di espressioni bavaresi. Rinfrancato dai consigli del suo predecessore, Ancelotti è tornato dal presidente con una domanda laconica: Warum? «Perché se voglio integrarmi in un club a media e lunga scadenza devo imparare la lingua del posto,» ha replicato Hoeness. «Sennò si formano dei gruppetti all’interno dello spogliatoio, e addio spirito di squadra.»

D’Artagnan ha un debole per i ragionamenti che non fanno una grinza, e si augura che lo stesso principio venga attuato alle nostre latitudini e in altri sport. Parlare in italiano negli spogliatoi delle nostre squadre di hockey non è certamente un gioco da ragazzi. Ma può solo far bene all’identità del club. Visti i risultati non proprio eccelsi delle ultime stagioni, si chiede se non sia proprio la diminuzione di giocatori di lingua italiana l’origine dei risultati inferiori alle attese dei tifosi. E se si ricominciasse a dare maggior spazio in prima squadra ai giocatori del vivaio? Non è questione di protezionismo, ma di valorizzare le nostre risorse e di credere nelle competenze dei nostri allenatori delle giovanili. D’Artagnan lo sa, la proposta farà arricciare il naso a chi guarda troppa Champions League. E così si consola facendo il tifo ai Ticino Rockets, al Team Ticino e al Bayern Monaco.

11 Marzo 2017

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