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Cronaca nera dello sport

 

Alcuni giocatori della nazionale cubana di volley sono stati condannati in primo grado a cinque anni per violenza sessuale. Lo stupro è avvenuto in Finlandia nel 2016. Le prove sono schiaccianti e non giustificano alcuna indulgenza verso i carnefici.

Un giornalista della Gazzetta dello sport ha raccolto la loro testimonianza. Le loro parole sono agghiaccianti quanto il loro reato. «È terribile cosa stiamo vivendo», si lamenta uno di loro. «Tutto è svanito per una leggerezza assurda. (…) Il processo si è svolto in un ambiente ostile. (…) Il giudice ha voluto credere solo a lei. (…) Siamo stati ingenui a fidarci, ho rovinato tutto in una notte. Noi cubani siamo troppo istintivi. (…) Non ho nulla di cui vergognarmi, solo mi sento pentito di aver conosciuto quella donna. (…) Ci ha rovinato per sempre.»

Come ad altri commentatori prima di lui, a D’Artagnan quest’ultima affermazione fa venire la pelle d’oca. Ma come, è la vittima che rovina per sempre la vita dei carnefici? E che ne è di lei? A questa domanda il giornalista della Gazzetta non dà risposta, perché il quotidiano rosa si occupa di sport e di sportivi. Peccato che questo taglio giornalistico coltivi il sospetto che gli sportivi di successo meritano un trattamento di favore. Proprio perché ambiscono a raggiungere prestazioni eccelse, è normale che il loro stile di vita sia costellato di forti emozioni e di comportamenti borderline. Così non funziona. Lo sport non è una zona franca. Per lo sportivo valgono le stesse regole del rispetto e dell’inviolabilità del prossimo.

23 Marzo 2017

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