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Alla fine di ogni cosa

Alla fine di ogni cosa

Alla fine di ogni cosa

 

«Ebrei, zingari, omosessuali, “lavativi”, “asociali ereditari”, portatori di handicap. Cittadini fino al giorno prima, si erano ritrovati a essere tutti Gemeinschaftsfremde, stranieri nella loro ex casa. I più fortunati avevano ricevuto ventiquattro ore per lasciare la città. L’aquila rapace, e nera, avrebbe reso il candore del suo popolo un sepolcro per gli altri.»

Un pugile zingaro come protagonista, fatti realmente accaduti in un periodo dei più cupi della nostra storia recente, il consiglio di un amico esperto in narrativa contemporanea: sono i motivi principali che mi hanno spinto alla lettura del romanzo d’esordio di Mauro Garofalo.

Una scrittura elegante che colpisce per la sua graffiante leggerezza nelle parti in cui l’autore descrive i gesti tecnici dei pugili. La forza inaudita dei colpi acquisisce una vena artistica grazie al rispetto che il pugile – e lo scrittore – dimostra nei confronti dell’avversario, del pubblico e dello sport della boxe. E non è un pugile qualsiasi: è Johann Rukeli Trollmann, un pugile sinti a cui il nazismo ha tolto il titolo di campione dei pesi medio-massimi per “cattiva boxe”. A Trollmann, infatti, non si è perdonato il modo di schivare i colpi con i suoi movimenti animaleschi, la sua eleganza effeminata che offendevano lo spirito maschio della boxe. La federazione gli impose un nuovo stile tedesco, l’unico che rendeva veri uomini i pugili. Il Faustkampf. 

Di questa storia che narra il destino tragico di un pugile troppo forte per non soccombere alla sua razza, colpisce l’umanità di un allenatore che si dimostra maestro di vita, un mentore che anticipa i tempi senza volersi sottrarre al suo pupillo. Un allenatore che intuisce il valore del suo campione, ma cerca di convincerlo che la vita è più importante di un incontro di pugilato.

«L’allenatore gli aveva cinto la spalla con un braccio. Storia che, immutata, si ripeteva. Educare che, sempre, è portare per mano.»

«Sul volto del vecchio allenatore, lo sguardo mite di un uomo che ha visto passare la speranza e ha provato di tutto per non lasciarla andare.»

Trollman sapeva perché si era avvicinato a lui: «amare è proteggere.»

Una bella lettura. 

 

Garofalo Mauro: Alla fine di ogni cosa. Frassinelli 2016

 

5 Settembre 2016

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